martedì 14 settembre 2010

Vermilion Souls (2008)

Vermilion Souls è il primo film di Masaki Iwana (questo il suo sito) realizzato nel 2008 ambientato in Giappone anche se il set è stato costruito in Normandia. Inoltre ha partecipato al Festival Internazionale a Rotterdam nel 2009.
Sono riuscita a vederlo grazie al Festival Homunculus di cui ho parlato un post fa, ma non credo che sia ancora disponibile. Infatti era in lingua originale coi sottotitoli italiani.


Masaki Iwana ritiene che Vermilion Souls sia un film sulla “capacità della vita che osa vivere la morte”, cosa fondamentale della danza butoh che parte dalle sue origini.
Infatti in questo film sono presenti, sin dall'inizio, un senso di desolazione, un senso di morte, di voler abbandonare la vita, ma ci sono momenti in cui la vita si fa sentire ancora una volta.
Attenzione spoiler
Giappone, anni '50. Un bambino, seguendo un volantino, trova una postazione segreta gestita da un soldato zoppo. Costui deve far da guardia a cinque persone che stanno aspettando la morte. Una è fuggita e ha trovato la morte, anche un'altra è morta. Ne rimangono così tre: un ex prostituta, una ragazza che non parla e non si muove e un calligrafo che per una malformazione delle mani scrive con la bocca. Ognuna di queste persone è sfuggita alla morte e la sta aspettando nel totale segreto e nel totale buio visto che loro non possono uscire alla luce del sole essendo allergici. Anche il soldato è sfuggito alla morte, a un attacco kamikaze dove è rimasto illeso e vuole unirsi all'esecuzione anche lui.
Cinque persone però hanno diritto all'esecuzione, né una di più né una di meno.
Il bambino decide di unirsi anche lui, ma, ovviamente, gli altri sono contrari.
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Decido di finire qui.
Mi rendo conto che non è facile vedere un film dove si sente la morte sin dall'inizio. Ma ciò che può sembrare noioso e pesante, si manifesta solo come uno sogno.
Ottima la fotografia in bianco e nero e si sente il respiro dell'atmosfera nipponica. I frammenti di danza butoh li ho visti come una danza di libertà, una danza che ti faceva percepire visibile il vento. C'è una tale delicatezza a volte e in altre un'assenza di pudore, una vicinanza estrema al personaggio e non parlo solo delle scene di sesso anche esplicite. Il tutto però calibrato bene.
La mia sensazione era poi che il film non avesse fine. Mi spiego meglio: quando credevo che fosse giunta la fine (come una volta per un climax della musica), il minuto dopo il film era lì a dirmi "No."
Non mi sono mai annoiata questo a dimostrare che i film giudicati lenti e pesanti non sono da buttare a priori. Anzi, certi pregiudizi ti distolgono dalla visione del film.

Masaki Iwana ha completato il suo secondo film A Summer Family

6 commenti:

  1. Sarei veramente curiosa di vedere questo film... Quello che hai scrito al riguardo m'intriga molto... ma forse perchè anch'io ho un rapporto particolare col tema vita-morte... In fin dei conti, non è che nel film si sente la morte fin dall'inizio... è che nella vita si sente la morte fin dall'inizio. Credo sia questa la cosa difficile. Relazionarsi con un film che esprime la verità.

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  2. Mi viene in mente la fine di una poesia di Ungaretti: "La morte/ si sconta/ vivendo."
    Però il sentire la morte nella vita ti può anche spingere a vivere intensamente o no?

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  3. non conoscevo questo film, proverò a recuperarlo anche se credo sia di difficile reperibilità..
    certo, il tema non è dei più allegri e adatti a una visione disimpegnata, ma i giapponesi (penso ad esempio all'ottimo departures) hanno il tatto giusto per affrontarlo

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  4. Hai ragione. Sentivo del "respiro" nel film e ne ero coinvolta nonostante la questione affrontata non sia facile da vedere.
    C'era una sorta di delicatezza nel film.

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  5. Io spero di poterlo rivedere in italiano, ma mi sa che è difficile. Quindi in un certo senso mi considero fortunata.

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Grazie per i commenti

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