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lunedì 3 dicembre 2012

Napoleone - Storie di Partigiani

Se c'è uno spettacolo teatrale dove ho partecipato e al quale sono molto affezionata è quello realizzato otto anni fa per un'occasione speciale. Infatti il 4 dicembre 2004 era il 60esimo anniversario della Liberazione della città di Ravenna.


copertina del libro(+cd) basato sullo spettacolo


Scheda dello spettacolo (clicca qui)



Lo spettacolo era pensato come un viaggio itinerante in bicicletta, ma complice una bufera, alla fine lo si è fatto all'interno del Teatro Rasi.
Io ci sono stata solo quel giorno e per me è stata un'emozione incredibile anche perché ero così orgogliosa di aver fatto uno spettacolo così importante.
Di cosa parla? Io interpretavo Bruna, una staffetta e ho due fratelli interpretati da Enrico Caravita (il quale ha curato il progetto con il regista Eugenio Sideri) e Matteo Timo.
Siamo come degli spiriti in bicicletta che percorrendo le strade rievochiamo delle memorie e così raccontiamo la storia di Umberto Ricci (nome di battaglia: Napoleone)


attraverso lettere che mandava a sua madre dalla prigione che, seppure lui soffriva di tisi, ha saputo affrontare con coraggio.

Mio nonno materno Cesare Folli lo conosceva bene ed ecco cosa scrisse di lui:


- Un capitolo a se le dedico al caro amico, compagno di lotta di fede, UMBERTO RICCI (NAPOLEONE), da me reclutate alla militanza comunista, e, per un certo tempo, in forza al mio gruppo di giovani comunisti.   
- Lo conobbi da vicino a Udine, alla Caserma “Spaccamela, fin dal gennaio 1941, dove assolvevamo gli obblighi di leva. Come me, anche lui era soldato semplice. Napoleone faceva parte della 3° Compagnia radiotelegrafisti, io della seconda.   
- Alla “Spaccamela” c’erano pure Lippi (Sturòn) cuoco alla mensa ufficiali e Aldo Asioli, il marito di mia cugina Sina Gardi, occupato presso gli uffici di maggiorità. Io ed Umberto ci frequentavano assiduamente e ci aiutavamo vicendevolmente, come conviene tra concittadini. Dopo appena tre mesi, fu inviato all'Ospedale Militare di Udine per visita di controllo. Ebbe diversi mesi di convalescenza per problemi ai polmonari. Forse erano i prodromi della malattia che lo seguirà per il resto della sua breve vita. Ancor prima io e lui, ingerimmo due barattoli di conserva di pomodoro, nell’illusione di provocare un attacco itterico, o qualcosa di simile, sempre nell'intento di andare a casa in convalescenza, almeno per qualche mese: i pericoli che si vivevano erano molti.   
- Un anno prima, il 10 giugno 1940, l'Italia era entrata in guerra contro la Francia e l'Inghilterra, a fianco di Hitler. La situazione si era fatta più critica. Quando arrivammo noi alla Spaccamela”, molti militari erano già partiti per il fronte. Altri erano in procinto di seguire la stessa malaugurata sorte. Non pochi si facevano in quattro per trovare uno stratagemma per andare a casa. Vista la situazione, Napoleone scelse la via della convalescenza.   
- Numerosi erano coloro che seguivano la stessa strada, sovente con successo.   
- Anch'io, per non essere da meno, tentai tale sortita. Smisi quasi di mangiare. All'Ospedale Militare mi fu riscontrato un forte deprimento organico. Mi diedero sei mesi di convalescenza. Era il 21 luglio 1941.   
- A casa ritrovai Napoleone, del resto amico anche di mio fratello Umberto. Iniziammo a vederci e discutere. Lui studiava da privatista per diplomarsi ragioniere. Parlavano molto di politica e della situazione. Di lì a poco era comunista, in forza al mio gruppo. Aveva fretta di conoscere e di fare.   
- Voleva essere messo a parte dell'organizzazione clandestina, di chi la dirigeva. Era di temperamento un pò’ inquieto: un uomo d'azione, anche se il esile fisico non dasse di pensarlo. Solo che anche lui doveva sottostare alle regole ferree della cospirazione. A queste cose era insofferente.   
- Ricordo che nella sua abitazione (lui viveva con la mamma) stavamo lentamente costituendo una biblioteca circolante. Lui vi stoccava anche armi, senza molti riguardi. Tant'è che un certo Mongardi (fascista), che abitava di fronte alla sua casa, se ne accorse e lo denunciò. Riuscì a fuggire. Si rifugiò nella casa dei fratelli Garavia (i Nùd), in via Argine Vecchio. Iniziò la sua di perseguitato, di ribelle di partigiano. Rammento pure in quelle sere, sempre a casa di Garavina, anch'io assieme a Napoleone e a altri compagni, svolgevamo servizio di vigilanza armata. Si erano approntati anche degli sbarramenti contro un annunciato arrivo di bande fasciste. Però non si vede nessuno.   
- Dall'abitazione dei Garavina, Umberto solente partiva in bicicletta, dotato di una sporta con dentro la pistola. Si recava, senza timore alcune al Dispensaio antiTBC di Lugo per sottoporsi al pneumotorace. Indi rientrava alla base. Iniziò e si estese la sua azione di gappista. Le sue gesta temerarie venivano salutate dai compagni con soddisfazione, mentre erano tremendamente temute dai nemici. Portò brillantemente a termine diversi atti di giustizia.   
- Ricordo che Napoleone si era messo in testa di giustiziare a tutti Dal Pozzo Giovanni (Rebàch), brigatista nero locale di rango. Gli tese più agguati, perfino vestendosi da donna. Alla fine il Dal Pozzo fu colpito a morte da un gruppo gappista. Il fratello Luigi, caporione fascista, venne ucciso dopo il 25 luglio 1943, nel corso dell’attacco armato alla Villa Maria, dell’agrario Ricci Signorini (Rèz), dove anche lui, con altri, si era asserragliato sottrarsi alla giustizia popolare. In questa occasione rimase ferito alla gola Mazzolani Rino.   
- Napoleone era stato chiamato a far parte di un gruppo di GAP di Ravenna. Per sua mano fu ucciso a Ravenna il brigatista Tedeschi Leonida (Cattiveria).   
- Gli costò la cattura, dopo una fuga disperata. Subì sevizie torture inanerrabili, e, alla fine, malgrado un tentativo di fuga non riuscito, il 25 agosto 1944, fu impiccato al Ponte degli Allocchi, assieme alla Partigiana LINA VACCHI.   
- Altri 10 antifascisti furono fucilati.   
- La lettera che Napoleone scrisse alla madre prima di essere ucciso rappresentano il suo testamento politico e spirituale, prima di sentimento, di coraggio, di attaccamento alla vita ed all'ideale comunista.   
   
- Lettere scritte da Umberto Ricci (Napoleone) nel carcere di Ravenna nel   
- 23/08/1944   
-   
- Carceri di Ravenna Mattino 23-8-44   
-   
- Ai miei genitori – e amici, quando questa vi sarà recapitata (se lo sarà) io   
- sarò gia passato fra i molti.   
- Ora io so, cara mamma che avrai passato molto dolore, tu mi amavi moltissimo   
- anche perché ero il tuo demonio il figlio che ti faceva arrabbiare ma che ti   
- dava pure tante soddisfazioni. Vedi mamma; io non ho nulla da rimproverami,   
- io ho seguito la mia strada, per una idea che detto senza ripensamenti nella   
- perna di viverla , di combatterla, di morirne. Nell’Idea muoio.   
- Ora ciò che più mi sorprende è la mia calma. Non avrei mai creduto che di   
- fronte alla morte certa riuscissi ha ragionare ancora così; dare certamente   
- essere il mio forte ideale che mi sorregge. E’ dalla sera del 17 o 18 che   
- sono nelle sue mani se dovessi raccontare specifiche tutte le prime torture   
- usatemi, durerei 6 mesi a scrivere. L’altro ieri in ultima analisi mi hanno iniettato   
- 4 punture che mi hanno reso nella semi-incoscienza. Queste punture non hanno   
- fatto altro che diminuirmi la vista, di cui ancora ne risento. Un’altra   
- cosa che mi sorprende è la mia forte costituzione fisica, nonostante alla grave   
- malattia in corso; ho resistito eroicamente. Ora mi tengono qui perché si   
- rimargino e si sgonfiano tutte le ferite che ho per il corpo. Indi mi presero   
- e mi portarono alla presenza del pubblico appesa ad un pezzo di corda.. “Io ho   
- l'onore’di rimanere qui a Ravenna per l’impiccagione. Per ora non ho nessuna   
- paura della morte, quando penso che sono già morti Gigi, Arrigo, di amici   
- intimi, senza contare tutti quelli che come me son morti per un’idea   
- politica;   
- la morte non la temo! Vorrei tanto una cosa: Vorrei che il corpo fosse   
- restituito a miei parenti e che fosse tumulato vicino quello di Arrigo e che   
- anche Gigi, fosse tumulato vicino a noi saremo un bel trio. O in dello   
- stesso.   
- Ho una febbre da cane – faccio sforzi immensi per ragionare e scrivere. E’   
- venuto più volte il cappellano – mi ha detto se mi volessi confessare, ho   
- risposto di no; comunque ho accettato la sua confessione da uomo a uomo -,   
- Vorrei pure che nel marmo del mio tombino siano incise queste parole –“Qui   
- soltanto il corpo – non l’anima ma l’idea – vive, dopo di ciò i miei amici o   
- parenti aggiungeranno quello che vogliono. Ripenso ancora alla forza del mio   
- corpo e per simpatia penso alle ragazze che lo disinfettano perché   
- malaticcio!   
- Prima alla bellissima Elsa che tanto mi ha amato al pur ingenuamente e   
- puramente con disinteresse che voi altre donne arrivò a tanto –E tu , tu più   
- di tutti, di mamma, ora per ò. Penso al tremendo dolore che ti do- Sopportalo;   
- pensa che tuo figlio era un titano, che non ha mai pianto, che tutto ha   
- sopportato. Sopporta pure tu con coraggio, e se puoi ama la mia idea perché   
- in essa ci troverai me. Ora però penso soltanto ad una cosa ed è che uccidendo   
- me essi non fermano il corso della storia; essa marcia precisa ed inesorabile –   
- Io me ne muoio calmo e tranquillo. Ma essi obbligano il diritto saranno   
- tranquilli?   
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-   
-   
- Carceri – Ravenna 24-8-44   
-   
- Un’altra, notte è passata. Sono ormai passati 6 giorni della mia cattura. Io   
- credo di essere vicino alla mia fine; se non è oggi sarà domani. Spero le   
- forze non mi abbandoneranno vorrei tanto essere forte fino a l’ultimo momento.   
- Andreini il capo dei fascisti di Ravenna ha voluto ha voluto parlare con me,   
- a bando l’interrogatorio. Abbiamo parlato della guerra fino a giungere alla   
- politica post-belica. E’ stato inferiore che la primaria le sta perdendo in   
- tutti i fronti. A sentir lui ha ancora delle speranze. Io non lo vedo   
- sincero.   
- Le carceri sono quasi piene per causa mia – di qui io denoto la grnade   
- ripressione dovuta negli anbienti fascisti. Il popolo quello che è qui   
- dentro -----, ma se non si arriva a portare la massa sulla via della ------ per   
- questa mia precisazione non ci ---- mai Mi hanno ricondotto alla SACCA che   
- sarebbe il luogo delle torture ma è sopragiunto il prefetto e non dovuto   
- sospendere- Sono stato riportato qui. Io ho il presentimento che mi   
- impicheranno di sera verso alle 20 quindi ogni volta che si avvicina l’ora   
- mi metto in tacita attesa. Ora sono le 18 circa. Se passano ancora 3 ore forse   
- arriverò a domani. Ne avrei piacere perché un tenente a detto che sarebbe   
- venuto per discorrere un po’ con me. A proposito vi dirò che fin dall’inizio   
- mi hanno preso per un personaggio importante del nostro partito, sebbene io   
- abbia sempre sostenuto di essere un semplice militante. Moltro spesso mi passa per   
- la testa l'idea della salvezza mi dico se per caso venisse stanotte a liberarmi   
- con qualche stratagemma un gruppo di Partigiani ma, per essere più calmo mi   
- faccio subito passare dalla testa tali idee.  





Oppure anche di Silvio Corbari






Mi ricordo ancora come i miei due fratelli scesero dal palco, salirono su due sedili della prima fila e ripeterono Corri Silvio, corri Silvio... Quel pezzo fu detto in maniera così forte e anche violenta che gli spettatori stettero là fermi e impietriti. Non ci fu l'applauso, neanche un accenno. 
Io ero sul palco e toccava a me dire la prima frase dopo il loro discorso. La tensione la si poteva sentire, era percepibile e io dissi: E alora...a-s dasen 'na mosa!!! (Allora, ci vogliamo muovere)

E altri nomi riecheggiavano come la staffetta Natalina Vacchi impiccata al Ponte degli Allocchi, Arrigo Boldrini (detto Bulow) comandante di una Brigata e morto di recente oppure anche il fascista Leonida Bedeschi con un nome di battaglia che poteva raccontare il suo stato d'animo, Catìveria, e questi sono solo alcuni dei nomi.

Io avevo 21 anni quando recitai in quello spettacolo, la stessa età che avevano Umberto Ricci e Silvio Corbari quando morirono. A ripensarci adesso, mi fa uno strano effetto però lì sul palco capì che dovevo stare lì, che era quello che potevo fare anche se non comparato a ciò a che hanno fatto loro però il teatro ha anche questo dovere: non solo di intrattenere, ma anche di informare, di testimoniare storie di vita.
Potete allora immaginare l'emozione quando finì lo spettacolo. Un signore poi mi ha poggiato la mano sul mio braccio e con le lacrime mi disse che aveva conosciuto Napoleone e altri ancora. 
Purtroppo il video dello spettacolo è stato cancellato registrandoci sopra un altro inavvertitamente, ma una cosa che più mi fa piacere è aver fatto vedere il video ai miei nonni materni. 
A Massa Lombarda, loro luogo di nascita, è accaduta anche la Strage dei Baffé, famiglia che i miei nonni conoscevano. 
Nei loro occhi c'erano lacrime ed io ero accanto a loro.
Poco dopo è morto mio nonno e nel 2006 mia nonna.
Quando sono andata al cimitero di Massa Lombarda sono andata a "visitare" anche i Baffè e lì davanti ho detto ciò che dicevo a teatro


Di Osvaldina Baffè non rimase neppure una mano neppure un dito nel qual infilare l'anello che il fidanzato, pure lui partigiano, volle mettere nella bara quale suo ultimo pegno d'amore.
No, un's po' sminghé (non si può dimenticare)




P.S.: Se trovo l'articolo dello spettacolo, lo scannerizzo e lo inserisco qui.



Aggiornamento 15 dicembre 2012:
Non ho trovato l'articolo, ma ho questa foto da mettere.


Un gruppo di partigiane di Massa Lombarda

Il nome nella fiamma indica per chi facevano le staffette.


Aggiornamento 24 aprile 2013:
Trovato l'articolo


2 commenti:

Grazie per i commenti