martedì 9 maggio 2017

Recitare di fronte a nessuno: lo spettatore e l'attore



foto trovata su Google



Immagino abbiate sentito dell'attore che ha recitato anche se non c'era nessun spettatore.
Se così non è, vi invito a leggere questo articolo.

La tensione prima che lo spettacolo incominci è forte e ognuno ha i suoi riti scaramantici personali per esorcizzare. Inoltre, soprattutto se si tratta di uno spettacolo che tiene impegnato più attori, se ne fanno assieme alcuni.
Qui l'attore Giovanni Mongiano aveva un monologo.
Posso solo provare a immaginare che cosa voglia dire sapere che non c'è nessuno a vederti, ad ascoltarti o anche l'amarezza e forse anche il senso iniziale di sconfitta.
Non so, io non ho vissuto questo.

Cinque anni fa avevo interpretato, dopo averlo presentato per la prima volta nel festival Ravenna viso-in-aria del 2010, il mio monologo L'eretica (il video è stato fatto durante il festival) e lo spettacolo era adatto per pochi spettatori, una ventina.
Cinque anni fa nello stesso giorno, l'ho fatto due volte e già nella prima visione c'erano pochi spettatori, neanche la metà.
Così durante quelle ore che precedevano la seconda visione, mi fu stato chiesto da chi gestiva il luogo che cosa volessi fare.
Risposi così: "Reciterò, anche se ci fosse un solo spettatore."
Così non accadde, ma anche nella seconda volta c'erano meno della metà.
Quegli spettatori erano venuti per me e anche se una gran parte era costituita da miei amici, di certo mi sono impegnata nella stessa maniera come se ci fosse una platea immensa.
Anche se fosse venuto un solo spettatore, mi sarei impegnata alla stessa maniera.
Non posso quantificare il mio impegno, la mia dedizione in base agli spettatori presenti.
Cosa faccio? Do me stessa in base alla percentuale degli spettatori presenti?
Questo vorrebbe dire tradire il teatro, pensare che io sia al di sopra di tutto.

E quando non c'è nessuno?
Io lì non saprei prevedere la mia reazione.
Come dicevo, la tensione è così forte prima che cominci il tutto (tensione che poi è utile per recitare) e non saprei dire adesso che cosa io possa fare se scoprissi che non c'è nessuno.
Se avete letto l'articolo iniziale, così come tanti altri, c'è un elogio generale verso ciò che ha fatto descrivendolo come un atto d'amore verso il teatro, una dedizione per il lavoro.
Che gli piaccia recitare credo sia indubbio, ma non bisogna dimenticare che per il teatro, lo spettatore è imprescindibile, anche se fosse solo uno.
Recitare in teatro è come un dialogo tra l'attore e lo spettatore e quest'ultima figura non ha affatto un ruolo passivo.
Anzi, tutt'altro.

Ieri sera nel gruppo del Circolo degli Attori dove io sono, siamo riusciti a vedere il finale del saggio che ci sarà il 30 maggio.
Poteva quasi sembrare una meta lontana e invece eccolo e intanto che lo vedevo, mentre i miei compagni recitavano, io ero commossa.
Ogni spettacolo è un parto e insieme lo si fa nascere.
Anzi, insieme si sta percorrendo come dei minatori a lungo nel buio verso la luce.
Alla fine sono proprio gli spettatori a far nascere, a dare l'ultima spinta.
Per questo lo spettatore, anche se fosse uno solo, è un elemento della quale non si può fare a meno.
Ogni volta poi è diverso perché ci sono altri spettatori, altre reazioni.
Non si può ignorare tutto ciò.

Parlando di ascolto, avete presente il monologo?
A differenza del soliloquio dove non c'è nessuno che ti ascolta (Essere o non essere di Amleto è un soliloquio), nel monologo c'è almeno un attore le cui parole sono dirette.
In ogni caso, quando si recita, c'è lo spettatore che ti ascolta, ma quando questo non c'è?
Non basta solo immaginarlo, far finta che ci sia.
Dire le parole sapendo che uno ti ascolta è molto diverso dal dirle quando non c'è nessuno.
C'è tutta un'altra intenzione e neanche questo fatto può essere ignorato.
Questo errore può succedere all'inizio quando ancora non si mastica bene la recitazione teatrale, ma a lungo andare, se lo si facesse come se non ci fosse un altro attore che ascolti, sarebbe come dire che quell'attore che recita pensi di bastare soltanto lui.



Io non conosco bene Giovanni Mangiano e qui ho preso spunto dalla situazione per riflettere il rapporto tra attore e spettatore.
Almeno ci devono essere queste due figure.
Se no, non ci può essere teatro.


Leggi anche Uno spettacolo senza spettatori dal blog Drama Queen


P.S.: Nell'articolo c'è scritto che c'era uno spettatore ed era il tecnico dello spettacolo, una persona all'interno dello spettacolo (considerando naturalmente la parte tecnica)  che sa com'è. Di solito viene chiamato tutto questo filata e la si fa prima dello spettacolo vero e proprio ovvero recitare tutto, possibilmente senza interruzioni. Poi c'è la generale dove non si interrompe e si recita come se ci fossero gli spettatori, ma il punto è che tra questo e lo spettacolo c'è la differenza, di pathos, della tensione degli imprevisti che possono raggelare l'attore.
Recitare è, parlando di metafore, essere un funambolo.
Se non c'è nessun spettatore, nessuno che non sa com'è lo spettacolo, tutti questi fattori passano in secondo piano.

6 commenti:

  1. Stavo per dire che alla fine è come aver dipinto un quadro solo per se stessi ma no, non quadra (gioco di parole involontario...): come tu dici, preparare uno spettacolo teatrale per andare in scena è preparare un'opera per comunicare al pubblico, cosa che invece non è indispensabile dipingendo, che può anche essere un personale, intimo e privato "sfogo".
    Così al volo mi viene questo pensiero: magari quella di recitare (e di comunicare l'accaduto) è stata un'ottima scelta di comunicazione ma non tanto una scelta DI recitazione quanto PER la recitazione. Oltre che, a livello personale, senz'altro un'insolita e probabilmente interessante esperienza per l'attore.

    Pensieri improvvisati di una non-attrice! ;-)

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    1. Sì, la pittura è senz'altro un'arte intima, ma se vogliamo rimanere nel tema è come se si facesse una mostra. Lì vuoi comunicare qualcosa agli altri, ma cosa fare se nessuno viene, se nessuno accetta questo scambio col pittore?
      Mi è capitato diverse volte che durante alcune mie mostre, nessuno per ore veniva dentro la galleria. Inoltre molti si fermavano alla vetrata sostenendo che vedevano benissimo da lì anche se io, con tutta la gentilezza, li invitavo dentro (alcuni però entravano).
      Anche questa è una situazione molto amara.

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    2. Ecco, sì, più che con un dipinto il paragone sta con una mostra...
      Ma davvero alcuni ti rispondevano così? Io capisco l'imbarazzo ad entrar ma una volta invitati a farlo mi pare più imbarazzante rifiutare!

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    3. Magari non volevano sembra sgarbati perché avevano fretta oppure perché semplicemente non erano interessati in fondo. E chi lo sa? Mica ho scritto all'entrata "Lasciate ogni speranza voi ch'entrate" :D

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    4. Ma potrebbe anche essere una buona mossa sai? La gente è più attirata dalle cose estreme (positive o negative che siano) che dalla semplice curiosità, alla prossima mostra mettilo il cartello! XD

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    5. Quando e se lo farò, ti farò sapere XD

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Grazie per i commenti

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